martedì 29 gennaio 2008

Ricostruire la famiglia, ricostruire la nazione

La crisi dell'istituzione fondamentale della nostra civiltà, la famiglia, è specchio fedele della crisi complessiva della nostra nazione. Un decadimento che negli ultimi 10 anni ha avuto una terribile accelerazione.
Poche settimane fa il Censis (Rapporto 2007) ha cosi fotografato la società italiana di oggi: "una poltiglia di massa; impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa; incline pericolosamente verso una progressiva esperienza del peggio, creato e supportato da un intelletto anonimo, di nessuno, tanto che non se ne possono neppure decifrare le responsabilità; in modo più o meno cosciente inverte i processi-simbolo che ci hanno reso orientati allo sviluppo e spegne quindi il "vitale", quasi fosse un resto arcaico in una società che non accetta più tensioni e diversità di destino sociale." Un quadro impietoso, quanto tragicamente realistico.
Dal 1995 al 2005 i matrimoni (sommando civile e religiosi) sono diminuiti del 32,4%; dal 1995 al 2004 i divorzi sono aumentati del 66,8% arrivando a ben 352 sentenze di divorzio al giorno. Contestualmente sono aumentati in maniera vertiginosa i figli di separati e/o divorziati: 117% in più di figli di genitori separati e 193& in più per i divorziati (dati tratti dal Rapporto Eures 2006
www.eures.it).
Parallelamente alla crisi della famiglia tradizionale e naturale si sono affacciati sempre più prepotentemente altri modelli, negativi, di pseudo famiglie: conviventi eterosessuali (nella migliore delle ipotesi), conviventi omosessuali o addirittura single che pretendono il diritto ad avere figli, tramite adozioni o fecondazioni artificiali.
Questi non-modelli sono sostenuti dal sistema masmediatico e da una classe politica assolutamente incapace di incarnare e rappresentare valori e principi etici e morali di riferimento.
L'incoerenza e la malafede con la quale taluni personaggi politici si ergono a paladini della famiglia è semplicemente disgustosa. C'è solo l'imbarazzo della scelta, tanto a destra quanto a sinistra, diciamo che, come spesso accade, si staglia fra i peggiori la figura del sig. Fini Gianfranco, che nel maggio scorso sfilava al Family Day a Piazza San Giovanni a Roma, dopo aver già messo in cinta l'amante.
Per far rinascere il concetto e lo spirito di famiglia è necessario che le famiglie si mettano in gioco in prima persona, nulla verrà loro concesso dall'alto, dalle istituzioni, dai mezzi d'informazione, anzi questi continueranno a lavorare contro.
Il "sistema" liberal capitalista modellando la società contemporanea su di un paradigma mercantilistico consumista, ha ridotto l'uomo al binomio produzione/consumo, favorendo quindi tutte quelle forme disaggregate ed individualistiche che garantiscono massima produttività, massimo consumo e nessuna autocoscienza, men che meno collettiva o comunitaria, che limita la pericolosità del singolo. Tale società impone "status symbol" da ottenere in qualunque modo, e "way of life" contro natura e contro il comune buon senso. Una coppia ha bisogno di una casa, due single di due. Una casa piccola, per un single, costa, in proporzione più di una casa grande con due o tre camere da letto per una famiglia abbastanza numerosa. E cosi via: due macchine, due telefoni di casa, due di tutto, aumentando vertiginosamente l'acquisto ed il consumo soprattutto di beni effimeri. Al contrario una famiglia baserebbe la propria "economia domestica" su altri parametri ed altri generi di consumo a discapito del grande business del superfluo che è il mercato del XXI secolo.
Per questo, citando il sociologo C. Gambescia: «se la famiglia deve fare da sola, il materialismo dominante può essere combattuto solo con un'etica individuale (e comunitaria aggiungiamo noi) della società. E come questa fu alla base del monachesimo benedettino, che favorì la rinascita medievale, cosi oggi la nuova sobrietà. può favorire una vigorosa rinascita della famiglia e quindi della società. Dire no al consumismo sfrenato. significa ostacolare il funzionamento della "macchina" capitalistica. vuol dire responsabilizzare i figli e far recuperare alla famiglia la sua funzione socializzatrice e di formazione delle nuove generazioni.»